Gaza e Palestina: un’emergenza umanitaria senza precedenti – ActionAid

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Ultimo aggiornamento: 24 giugno 2025

⚠️ Emergenza a Gaza

Aggiornamenti dal campo

Tre mesi dopo la fine del breve cessate il fuoco tra Israele e Hamas, e con la ripresa delle ostilità a partire dal 18 marzo 2025, la Striscia di Gaza è precipitata di nuovo in una crisi umanitaria di proporzioni drammatiche. Dopo quasi due anni di guerra ininterrotta, la popolazione civile continua a pagare il prezzo più alto: sfollata, affamata, senza accesso a cure mediche, acqua potabile o rifugi sicuri.

 

Dal mese di marzo, oltre 680.000 persone sono state costrette a lasciare le proprie case. Oggi, più dell’82% del territorio di Gaza
è soggetto a ordini di evacuazione, costringendo famiglie intere – spesso già sfollate più volte – a una fuga continua. Si muovono senza meta, in condizioni estreme, alla disperata ricerca di un rifugio sicuro. Nel frattempo, la distruzione sistematica delle abitazioni e le restrizioni ai movimenti stanno lasciando centinaia di migliaia di persone senza un tetto, né protezione.

I numeri della crisi, ad oggi:

La fame come arma: un crimine di guerra contro la popolazione di Gaza

Alla crisi degli sfollamenti si affianca un’emergenza alimentare sempre più drammatica. Secondo l’ultimo rapporto congiunto del World Food Programme (WFP) e della FAO, Gaza è uno dei luoghi più critici al mondo per l’insicurezza alimentare. Nei prossimi mesi, l’intera popolazione della Striscia – circa 2,1 milioni di persone – affronterà livelli di emergenza alimentare pari o superiori alla soglia di “Crisi”. In termini concreti, significa che le famiglie non riusciranno più a soddisfare nemmeno i bisogni alimentari minimi, se non rinunciando a beni fondamentali, vendendo ciò che hanno o adottando strategie estreme di sopravvivenza.

Il dato più allarmante riguarda le 470.000 persone che rischiano di entrare in una vera e propria condizione di carestia. Questo significa che non si parla più solo di carenza: il cibo, per queste persone, è semplicemente assente. Non ci sono scorte, non c’è accesso ai mercati, non ci sono alternative. La carestia è una condizione mortale.

Dal 2 marzo 2025 le autorità israeliane hanno imposto un blocco all’ingresso degli aiuti umanitari. Per quasi tre mesi, il flusso di beni essenziali – cibo, acqua, medicinali, carburante – è stato ridotto a numeri irrilevanti. Attualmente solo un valico è operativo, e vi passano meno di 100 camion al giorno, una quantità del tutto insufficiente per coprire il fabbisogno della popolazione, una goccia nell’oceano.

Impedire l’accesso al cibo e ai beni essenziali è una violazione flagrante del diritto internazionale. È un crimine di guerra, perché un atto di punizione collettiva.

A rendere ancora più complesso e pericoloso l’accesso agli aiuti umanitari è il nuovo sistema di distribuzione introdotto da un’organizzazione privata – la Gaza Humanitarian Foundation – con il sostegno diretto del governo israeliano e di quello statunitense.

A differenza del modello collaudato delle Nazioni Unite, che prevede la presenza diffusa di piccoli punti di distribuzione per raggiungere capillarmente la popolazione in modo sicuro ed efficace, questo nuovo sistema militarizzato e centralizzato costringe migliaia di persone a radunarsi in un unico punto, percorrendo spesso chilometri anche durante la notte. Lo fanno sapendo che potrebbero non riuscire a tornare a casa, solo per ricevere un pacco di cibo per sé e per i propri figli.

Le distribuzioni di cibo avvengono in luoghi sovraffollati e caotici, dove manca qualsiasi tipo di sicurezza e protezione. La disperazione spinge le persone ad accalcarsi, spesso generando violenza, scontri e confusione. Il risultato è un sistema che non risponde ai bisogni umanitari, ma genera ulteriore sofferenza.

Noi di ActionAid, insieme alle altre organizzazioni umanitarie, respingiamo e critichiamo con forza questo approccio. È un sistema che non solo fallisce nell’obiettivo di fornire aiuti in modo sicuro, ma che di fatto disumanizza le persone, trattando la fame come uno strumento di controllo e repressione.

Utilizzare la fame come arma, impedendo l’accesso al cibo, è un crimine di guerra proibito dal diritto internazionale, che viola gravemente i principi fondamentali dell’azione umanitaria: neutralità, imparzialità, indipendenza.

Nel frattempo, anche in Cisgiordania la situazione si deteriora. Le autorità israeliane hanno intensificato le restrizioni ai movimenti, chiudendo checkpoint e principali arterie stradali. Le incursioni militari si sono fatte più frequenti nelle aree di Nablus, Jenin e Tulkarm. Campi profughi come Askar e Balata sono stati oggetto di operazioni che hanno causato arresti e gravi danni materiali. Alcune aree, come Nur Shams, sono completamente inaccessibili anche per gli operatori umanitari.

Noi di ActionAid, continuiamo a richiedere con forza un cambiamento immediato: la fine permanente della guerra, l’apertura totale dei valichi per l’ingresso degli aiuti, la protezione di ospedali e operatori sanitari e il ritorno a un sistema umanitario professionale, imparziale e rispettoso della dignità delle persone.

Lavorare in condizioni estreme: il nostro intervento umanitario a Gaza

Mentre la crisi umanitaria a Gaza continua ad aggravarsi, noi di ActionAid, insieme ai nostri partner locali, restiamo attivi nel fornire assistenza salvavita alle comunità colpite. In un contesto segnato da pericoli costanti, devastazione e mancanza di risorse, riusciamo ancora a distribuire beni essenziali come kit igienici, articoli per rifugi di emergenza, servizi di protezione e supporto psicosociale.

Tuttavia, le sfide sono enormi. Una delle più gravi riguarda l’accesso al denaro contante. Dall’ottobre 2023, non è più consentito far entrare contante fisico nella Striscia di Gaza. Questa restrizione ha causato una crisi di liquidità senza precedenti, che blocca ogni attività, dagli acquisti alle forniture.

Anche se le piattaforme di online banking funzionano a livello tecnico, tutte le filiali bancarie sono chiuse: nella pratica, accedere a servizi finanziari è quasi impossibile. Di conseguenza, la popolazione è costretta ad affidarsi a servizi privati di gestione del denaro, ma le commissioni possono arrivare fino al 48%, un costo proibitivo per famiglie già allo stremo. Si prova a utilizzare app di mobile banking o portafogli digitali (e-wallet), ma con scarso successo: i mercati locali funzionano ancora esclusivamente in contanti e i pagamenti digitali sono raramente accettati.

Nonostante tutto, i nostri partner locali continuano a lavorare senza sosta per assicurare la distribuzione di beni di prima necessità. Oggi tutto viene acquistato localmente: ortaggi, articoli per l’igiene, vestiti. Ma anche questa strategia presenta criticità sempre maggiori.

I beni disponibili stanno diminuendo rapidamente, mentre i prezzi stanno raggiungendo livelli insostenibili. Un membro dello staff della Wefaq Society for Women and Child Care, uno dei nostri partner a Gaza, racconta:

"I prezzi cambiano ogni ora, non ogni giorno. Le oscillazioni sono spaventose: il prezzo di una sola cipolla può arrivare a superare i 50 o 60 shekel (14 o 16 dollari), mentre un pomodoro può costare più di 23 o 24 shekel (6,4 o 6,7 dollari)."

Inoltre, la qualità dei beni è spesso bassa, a causa dell’esaurimento delle scorte nei magazzini locali. L’approvvigionamento dall’esterno non è più possibile: i valichi di frontiera sono per lo più chiusi, e anche durante le rare aperture, il flusso di beni è minimo e imprevedibile. Solo in pochi casi, piccole quantità di aiuti sono riuscite a entrare attraverso convogli coordinati dalle Nazioni Unite o dalla Croce Rossa Internazionale — eccezioni, purtroppo, e non la regola.

In tempi normali, si sarebbe fatto affidamento su fornitori esterni in Egitto o in Cisgiordania. Oggi, a causa del blocco totale, questa possibilità non esiste più.

Quello che riusciamo ancora a ottenere — sapone, assorbenti, indumenti — proviene da grossisti ancora attivi in aree come Gaza City, Khan Younis e Deir al-Balah. Ma si tratta quasi sempre di scorte già presenti prima dell’assedio, e nuovi rifornimenti sono estremamente rari. Garantire continuità e qualità sta diventando ogni giorno più difficile.

Il nostro intervento, fino ad oggi

Grazie alla stretta collaborazione con i nostri partner locali, ai colleghi sul campo e al supporto dei nostri sostenitori, continuiamo a sostenere una popolazione che, nonostante le ferite, resiste.

Qui di seguito, i numeri aggiornati dei risultati del nostro intervento: